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IL VIAGGIO DI UN POMODORO SPAGNOLO DALLA SERRA AL SUPERMERCATO


SIETE AVVISATI

dopo questo racconto cambierete molte idee in merito alle produzioni agricole. Emile Loreaux fotografa parigina ha avuto l’incredibile idea di seguire il percorso che fa un pomodoro nato in una serra spagnola e venduto poi in un supermercato, il lavoro lo ha intitolato je suis une tomate. Parliamo dei pomodori consumati in inverno li avete certamente visti anche voi e sono prodotti fuori stagione. Considerate che il 40% delle famiglie francesi consuma pomodoro fresco in inverno.Dunque Emilie Loreaux non senza difficoltà e minacce è entrata nelle serre di pomodori dell’Almeria constatando di persona la povertà e le condizioni drammatiche di lavoro a cui sono sottoposti gli operai spesso immgrati dal nord Africa e verificando l’incredibile viaggio dei pomodori che giungono sui mercati francesi, tedeschi, inglesi, finlandesi, russi e ungheresi. E spiega:Noi possiamo davvero decidere al momento dell’acquisto cosa prendere e cosa no. Noi scegliamo cosa consumare.Questo potere però molti consumatori o lo hanno dimenticato o non sanno di averlo distratti come sono dal prezzo che è l’univa vera discriminante che indirizza l’acquisto: fateci caso, al supermercato decide il prezzo (e dunque le strategie di marketing) cosa acquistiamo e cosa invece lasciamo sugli scaffali. Siamo tutti dirottati verso lo sconto, l’offerta, il 3X2 e la carta fedeltà.Torniamo al pomodoro fatto crescere fuori stagione, in ambienti ricoperti di plastica, queste sono le serre. Racconta Emile Loreaux:

CHIAMO QUESTA REGIONE IL MARE DI PLASTICA TALMENTE LE SERRE NE SONO RICOPERTE

E’ proprio un criterio non usare il suolo. Le piante di pomodoro crescono in contenitori privi di terreno ma con materia inerte e sono alimentati goccia a goccia con una soluzione nutriente. Si coltivano varietà ibride che hanno una produzione intensiva su più mesi e le piante sembrano delle liane di 6 metri sostenute da fili. Sono pomodori invernali e il picco della produzione è in marzo. L’impatto sull’ambiente è devastante, le falde freatiche sono sature di pesticidi e questi pomodori percorrono 2000 Km per arrivare in Francia.Ma spiega ancora la fotografa parigina che la curiosità in merito alla storia dei pomodori che aveva acquistato al supermecato le si era innescata a leggere l’etichetta su cui era indicata appunto la provenienza: Spagna. Non si spiegava come mai dei pomodori dovessero arrivare da così lontano e dunque procedendo a ritroso nel viaggio ossia dal pomodoro al luogo di produzione è giunta in Almeria la regione all’estremo sud della Spagna ed è stata cacciata e minacciata in tutte le città che ha visitato a causa delle sue domande. Ma ha avuto modo di scoprire lo stesso che nel settore sono impegnati circa 20mila operai che vivono nei 35mila ettari destinati alle serre. Oggi sono marocchini, senza casa, cittadini dei paesi dell’Est con contratti di lavoro precari da 20Euro a giornata e 2 Euro all’ora.
*Avete ancora voglia di comprare pomodori fuori stagione?

fonte : http://www.dionidream.com

Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org

 
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Pubblicato da su 30 ottobre 2012 in Attualità

 

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PLASTICA ADDIO – MEGLIO L’ACQUA ELASTICA


GLI SCIENZIATI GIAPPONESI DELLA JST HANNO REALIZZATO UNO SPECIALISSIMO MATERIALE FLESSIBILE COMPOSTO DAL 95% D’ACQUA

E’ estremamente elastico e trasparente e potrebbe liberarci dalla dipendenza della plastica. E dal petrolio.Una simil-plastica con 95% di acqua – I ricercatori giapponesi della Japan Science and Technology Agency (JST) l’hanno subito ribattezzata “acqua elastica” proprio per la sua struttura. E’ il materiale più ecologico e economico mai realizzato come sostitutivo della plastica. E’ stata mostrata in esclusiva alla Tv nazionale nipponica NHK collegata in diretta con lo staff dell’Università di Tokyo.Ecologica e con grande potenziale – Questa particolare plastica trasparente e gommosa ha il 95% di comune acqua e si ottiene aggiungendo una microscopica parte di argilla e altre sostanze organiche naturali. Il risultato finale sarà gelatinoso e si dimostra perfetto per determinate applicazioni come nella chirurgia per mantenere i tessuti connessi in modo saldo e anti-rigetto. Ma variando la composizione interna dell’acqua elastica si potranno ottenere simil-plastiche differenti. La rivista britannica Nature l’ha già promosso a pieni voti, speriamo non che questa innovazione non si perda nei prossimi mesi.

fonte : jack.tiscali.it

Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org

 
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Pubblicato da su 15 ottobre 2012 in Attualità

 

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COSA C’ENTRA L’ACQUA CON IL PETROLIO – LA FOLLIA DELLE BOTTIGLIE DI PLASTICA


I CONTENITORI TRASPARENTI ROSICCHIANO UN MILIONE E MEZZO DI BARILI DI GREGGIO L’ANNO

Quando i nostri nipoti ci chiederanno cosa facevamo mentre il petrolio si stava esaurendo dovremo ammettere che eravamo impegnati a cercare i modi più fantasiosi per sprecarlo, dalla produzione di neve artificiale per i giochi invernali all’impiego dei camion leggeri – i famigerati Suv – per andare a fare la spesa. In pool position fra i comportamenti più demenziali spicca, senza dubbio, l’innamoramento planetario per l’acqua imbottigliata il cui consumo è salito del 57 per cento negli ultimi cinque anni. Una moda che piace ai governi perché li dispensa dal bonificare le forniture idriche – che restano appannaggio dei poveracci – operazione per la quale si spende infatti un settimo dei 100 miliardi di dollari buttati in acqua minerale. Cosa c’entra l’acqua con il petrolio lo spiega molto bene un rapporto dell’Earth Policy Institute di Washington nel quale, fra le altre cose, compaiono le prime stime del costo energetico dell’ubriacatura da minerale.Viene fuori che l’acqua in bottiglia – nel 40 per cento dei casi semplice acqua di rubinetto con l’aggiunta di qualche sale minerale – rosicchia circa un milione e mezzo di barili di greggio ogni anno soltanto per produrre delle bottiglie di plastica che ci metteranno circa 1000 anni a biodegradarsi, quasi tutte utilizzate una sola volta. Ora, considerando che con un milione e mezzo di barili si mandano avanti 100 mila automobili per un anno, siamo nel campo di quegli inesplicabili comportamenti che spingono alcune specie come i lemming, piccoli roditori simili a criceti, a suicidarsi gettandosi in massa dalle scogliere. Non si spiega altrimenti una scelta demenziale da ogni punto di vista.

SECONDO GLI ORGANISMI INTERNAZIONALI

che si occupano di salute l’acqua in bottiglia prodotta dai grandi marchi dell’imbottigliamento – Nestlè, Danone, Coca Cola e PepsiCo, tanto per non fare nomi – spesso non è affatto più salubre anche se costa la bellezza di diecimila volte di più di quella del rubinetto ed il suo consumo è decisamente inspiegabile in paesi come l’Italia, che dispongono di una riserva idrica di qualità eccellente. Il guaio è che la diffusione dell’acqua in bottiglia ha buon gioco in paesi come l’India e la Cina , dove la potabile è ancora un lusso che i governi non riescono a garantire. Il che, oltre al greggio impiegato per fabbricare le bottiglie, aggiunge un altro po’ di sprechi per il trasporto e infine lo stoccaggio di un’enorme quantità di rifiuti. La cosa divertente – si fa per dire – è che l’alternativa c’è da parecchio tempo e, almeno nei paesi industrializzati, può contare su di un sistema articolato e capillare – gli acquedotti – che presenta anche il vantaggio di essere facilmente monitorabile. In questo, come in altri numerosi casi, l’idolatrata modernizzazione va all’indietro, mentre un esercito di consumatori rincoglioniti da una valanga di spot buttano via i soldi con la benedizione dei decisori politici che guardano soltanto al Pil – quella dell’imbottigliamento è un’industria che tira – e, da più di trent’anni, confezionano normative che privilegiano le minerali rispetto alla vituperata “acqua del sindaco”.

Sabina Morandi

Fonte: http://www.liberazione.it

Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio

 
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Pubblicato da su 28 settembre 2012 in Multinazionali

 

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LA PLASTICA E’ IL NEMICO NUMERO UNO DEL MEDITERRANEO


LE SPECIE PIU’ PERICOLOSE DEL MEDITERRANEO?

Appartengono alla famiglia della plastica, il genere invece è quello umano. E siamo così bravi a proteggerle che nessuna di queste specie rischia l’estinzione, tutt’altro: il Mediterraneo ormai è il loro habitat ideale.Le specie di plastica proliferano. L’Agència catalana de l’Aigua le ha classificate. Nel mare monstrum potete ammirare banchi di profilattici; nutriti stock di batterie; caratteristici mozziconi di sigaretta dalle inconfondibili macchie di rossetto; assorbenti, famosi pesci con le ali.E ancora: bottiglie di vetro, diesel, olio del motore, alluminio, scatole di cartone, buste di plastica, lattine, tappi. Una biodiversità immensa che cresce, nelle acque di tutto il mondo, al ritmo di 8 tonnellate di rifiuti al giorno.Squali feroci e meduse velenose non fanno più paura: i nuovi, gli unici, mostri marini sono loro. Vivono centinaia di anni, causano disturbi all’apparato digerente dei pesci, soffocano le tartarughe, contaminano, lacerano ed inquinano. Il Mediterraneo può candidarsi a grossa discarica protetta. Non disturbate i rifiuti, quando vi immergete.
fonte : http://www.ecplanet.com

Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio

 
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Pubblicato da su 2 luglio 2012 in Attualità

 

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MISTERIOSE BARE DI PLASTICA AMERICANE IN MOVIMENTO A COSA SERVONO?


QUESTA FOTO E’ STATA SCATTATA IERI

E’ possibile vedere un carico di contenitori utilizzati per inumare corpi..Il carico è stato visto in direzione nord sulla Highway della Georgia, l’8 maggio, in partenza dal luogo dove sono conservati migliaia di questi contenitori.Il blogger che ha fatto la foto, ha aggiunto che quando il guidatore si e’ reso rese conto di essere seguito, ha immediatamente lasciato l’autostrada.

fonte: http://intellectualodditiesnetwork.com/
http://terrarealtime.blogspot.it

Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio

 
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Pubblicato da su 11 Maggio 2012 in Attualità

 

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LA PLASTICA PRODOTTA DAL GUSCIO DELLE UOVA!


IL PROGETTO DI RICERCA A CUI STA LAVORANDO UN TEAM DI SCIENZIATI

Mira a trasformare il guscio dell’uovo in un materiale molto simile alla plastica.Riciclare i gusci d’uovo attualmente smaltiti in discarica e reimpiegarli in nuove applicazioni. È questa l’idea alla base del progetto che gli scienziati dell’Università di Leicester e alcuni esperti del settore alimentare stanno mettendo a punto, allo scopo di trasformare il guscio dell’uovo in un materiale molto simile alla plastica e poterlo, quindi, reimpiegare non solo negli imballaggi, ma anche come materiale da costruzione. La ricerca è stata finanziata da iNet, un network che opera per l’innovazione di cibi e bevande; grazie alla somma di denaro che è stata elargita all’università, gli scienziati del dipartimento di chimica, specializzati in materiali sostenibili, stanno cercando di estrarre le proteine che si trovano all’interno del guscio dell’uovo, una ”estrazione” che potrebbe risultare utile anche al settore farmaceutico. Gli scienziati coinvolti nel progetto di ricerca sperano di riuscire a individuare il modo per impiegare questo innovativo materiale come riempitivo e rinforzante per varie tipologie di plastica, da quella per i vassoi per il cibo fino a quella impiegata nella costruzione di particolari attrezzature, oppure utilizzarlo nelle confezioni che proteggono i prodotti a base di uova. Il recupero e il riutilizzo dei rifiuti in modo sostenibile, lo ha ricordato il Prof. Andy Abbot dell’Università del Leicester, è alla base dell’intera attività di ricerca.

fonte : http://www.rinnovabili.it

Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org

 
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Pubblicato da su 14 aprile 2012 in Attualità

 

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FUNGHI MANGIA PLASTICA !!


ADAM GUSSE E IL SUO GRUPPO DI RICERCATORI

dell’Università del Winsconsin di La Crosse (Stati Uniti) ha scoperto che un fungo, il phanerochaete chrysosporium, che normalmente si nutre di legno, potrebbe essere altrettanto ghiotto di un tipo di plastica che si trova nelle discariche!Si tratta di una plastica a base di resine fenoliche, derivante dalla fusione, ad alta pressione e temperatura, delle molecole ad anello del fenolo con quelle della formaldeide.Questa struttura molecolare è indistruttibile e pare sia molto simile a quella della lignina, la sostanza di cui abitualmente si ciba il nostro fungo.Crescendo sulla corteccia degli alberi morti, infatti, produce una serie di enzimi che la decompongono.Se questo fungo quindi, fosse davvero in grado di “mangiare” anche le resine fenoliche, si risolverebbe il grave problema dello smaltimento di questo materiale.

LE RESINE FENOLICHE

Sono particolarmente note per la loro durata che ne impedisce il riciclo a fine vita del prodotto.Sono stati sperimentati alcuni metodi di riciclo basati sull’utilizzo di solventi chimici e trattamenti termici ma oltre ad essere troppo costosi, generano comunque sottoprodotti impuri.Le ricerche effettuate da Adam Gusse e la sua équipe, purtroppo, lasciano sospettare che gli enzimi del fungo impieghino alcuni mesi prima di completare il “pasto”. Inoltre, il fungo potrebbe non funzionare in presenza di altri materiali o morire se attorniato da grandi quantità di metalli pesanti.Su una cosa possiamo stare tranquilli: alcuni funghi sono in grado di digerire altre materie plastiche, come ad esempio il polistirene e sono in grado di decomporre altre sostanze inquinanti come il bifenile policlorurato (PCB)!

fonte : http://www.ecozoom.tv/blog

 Redatto da Pjmanc  http://ilfattaccio.org

 
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Pubblicato da su 31 gennaio 2012 in Attualità

 

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